Violenza di genere, la prevenzione e il contrasto inizia dall’educazione e dalla scuola

foto edoardoPistoia, Consiglio provinciale straordinario e aperto sul tema della prevenzione e il contrasto alla violenza di genere. Il testo completo del mio intervento:

“Ringrazio gli organizzatori e tutti gli intervenuti, in particolare la Presidente della Commissione Pari Opportunità Marianna Menicacci e l’assessore Lidia Martini per l’invito all’iniziativa di oggi e per aver reso possibile un confronto su un tema così importante e delicato.
L’aspetto che considero fondamentale è la presenza non solo della Politica e delle Istituzioni, ma anche di esponenti della Società civile, delle associazioni e delle forze dell’ordine: il femminicidio e la violenza di genere sono fenomeni da combattere soprattutto dal punto di vista culturale, conducendo in primo luogo una battaglia contro gli stereotipi, le discriminazioni e qualunque forma di intolleranza.

La Politica può e deve promuovere leggi adeguate e sempre più rigorose, come quella approvata dal parlamento nel mese scorso (la cosiddetta legge sul femminicidio), ma non basta: la violenza di genere si sconfigge nelle scuole, fra i giovani, dove si fa formazione. Per questo, serve l’aiuto di tutti.

Occorre prevenire comportamenti violenti e utilizzare ogni mezzo a nostra disposizione per garantire la sicurezza delle donne. Cito l’esempio dei messaggi veicolati all’interno dei libri di testo, per mezzo dei quali molto può essere fatto per sensibilizzare gli studenti alla parità fra i generi e alla tutela dei soggetti più deboli.

Bisogna inoltre ricordare che la violenza va affrontata e sconfitta in tutte le sue forme: dalle offese, alle minacce, alle intimidazioni, fino agli abusi fisici e psicologici.

Sono ben 130 nella provincia di Pistoia le segnalazioni di violenze pervenute alle strutture di ascolto: un dato riportato dal vicesindaco di Pistoia, Daniela Belliti che fa riflettere sulla gravità del problema anche nel nostro territorio.

Appena un anno fa, in località Nievole, veniva uccisa Beatrice Ballerini, dall’ex partner che non si rassegnava alla fine del rapporto, come se Beatrice fosse una “proprietà privata”.

E’ drammatico constatare, come nel caso di Beatrice, che la maggior parte delle violenze di genere si consumano all’interno delle mura domestiche, il luogo dove è più difficile intervenire perché è necessaria la collaborazione della vittima, che in molti casi non denuncia per sfiducia nella legge o per paura. Le donne che hanno subito violenze hanno il diritto di non sentirsi abbandonate da tutti nell’affrontare un lungo, ed a volte estenuante, percorso giudiziario. La Società e le Istituzioni devono combattere al loro fianco, garantendo una vita sicura e il ritorno alla normalità, dunque servono piani di re-inserimento nel mondo del lavoro e, se necessario, di supporto fisico e psicologico. Lo devono fare non solo con i proclami, ma con i fatti. Ciò sarà possibile solo stanziando le idonee risorse necessarie.

A mio avviso, va nella giusta direzione, ad esempio, la norma introdotta dalla legge 119 del 2013 secondo la quale la denuncia per stalking diviene irrevocabile. Questo consente di tutelare la vittima, che in questo modo è messa al riparo da eventuali pressioni esterne e da qualunque forma di ulteriore intimidazione affinché ritratti le accuse.

Sono tristemente numerosi, infatti, i casi in cui le donne, pur avendo denunciato le violenze, continuano a subire maltrattamenti quotidiani in silenzio. I numeri raccontano che oltre il 70% delle donne uccise aveva già esposto querela nei confronti dell’uomo che poi le avrebbe assassinate.

Voglio citare l’impegno di “Codice Rosa”, il progetto della Regione Toscana che identifica un percorso di accesso al pronto soccorso riservato alle vittime di violenze che, a causa della loro condizione di debolezza, più facilmente possono diventare vittime di violenza: in primo luogo donne, ma anche bambini, anziani, omosessuali.​

L’Azienda USL3 di Pistoia è entrata a far parte del progetto regionale Codice Rosa da poco più di una settimana. Nei giorni scorsi è stato firmato il Protocollo d’Intesa e ritengo sia possibile, finalmente, svolgere un buon lavoro. Adesso occorre realizzare tutte le condizioni affinché il progetto funzioni e, se necessario, potenziarlo ulteriormente e renderlo ancora più funzionale.

Per chiarire la dimensione del fenomeno a livello nazionale, basta ricordare che nel 2012 ogni 3 giorni una donna è stata uccisa dal proprio partner e oltre 1 milione di donne hanno subito almeno una molestia, dallo schiaffo, all’uccisione: volendo stimare anche gli atti di violenza si arriva alla cifra stratosferica di 14 milioni, vale a dire ovvero 26 al minuto.​
Secondo un’indagine Istat del 2006, sono le giovani dai 16 ai 24 anni e dai 25 ai 24 anni a presentare i tassi più alti di violenza subìta.
La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%. Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Il sommerso è elevatissimo e anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%). È consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subìte.

I partner sono responsabili della maggioranza degli abusi sessuali. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei.

Le violenze domestiche sono in maggioranza gravi. Ma solo il 18,2% delle donne considera la violenza in famiglia un reato, per il 44% è stato qualcosa di sbagliato e per il 36% solo qualcosa che è accaduto. Un dato, quest’ultimo, che mi ha particolarmente colpito: spesso sono le donne stesse a non avere la percezione della gravità del dramma che si sta consumando, dunque non denunciano e non si ribellano alla violenza semplicemente perché non ne viene compresa la portata. Occorre promuovere, giorno dopo giorno, a partire dalle generazioni più giovani, un cambiamento radicale del modo di pensare e della cultura legata alle differenze di sesso.

2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), mentre 7 milioni 134 mila donne hanno subito o subiscono violenza psicologica. Il 62,4% delle donne ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più episodi di violenza.
Su questo punto, mi sembra significativo che il Parlamento sia intervenuto sul codice penale per introdurre un’aggravante da applicare se i soprusi sono commessi in danno o in presenza di minori. Sono introdotte aggravanti anche se la violenza sessuale è subita da una donna in gravidanza oppure se la violenza sessuale è commessa dal coniuge (anche se separato o divorziato) o da persona che sia, o sia stata, legata alla vittima da una relazione affettiva.

La legge sul femminicidio, approvata il mese scorso, rappresenta a mio avviso un buon punto di partenza, ma necessita di ulteriori integrazioni, verifiche e modifiche. Pertanto l’iniziativa di oggi è anche l’occasione per ascoltare proposte in merito e valutare, insieme, cambiamenti possibili alla norma.

Proseguendo nell’analisi della legge, il testo varato dalle Camere consente di utilizzare le intercettazioni quando si indaga per il reato di stalking, introduce il divieto di detenzione di armi in caso di ammonimento per lo stesso reato e, con l’obiettivo di tutelare le vittime, inserisce alcune misure relative all’allontanamento – anche d’urgenza – da casa e all’arresto obbligatorio in flagranza dell’autore delle violenze. In merito, la Camera ha introdotto la possibilità di operare anche un controllo a distanza per mezzo del braccialetto elettronico.

I reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking vengono inseriti dalla nuova legge tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d’udienza e demanda al Ministro per le pari opportunità l’elaborazione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, per il quale è previsto un finanziamento di 10 milioni di euro per il 2013, prevedendo azioni a sostegno delle donne vittime di violenza.
Viene stabilito, infine, che la relazione annuale al Parlamento sull’attività delle forze di polizia e sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica debba contenere anche un’analisi criminologica della violenza di genere.

Come si vede, una grande attenzione è rivolta, opportunamente, alla prevenzione e alle violenze domestiche perché è proprio all’interno delle mura di casa, quelle che dovrebbero rappresentare il rifugio certo e più sicuro, che si consumano la maggior parte dei reati.

La prevenzione, infatti, richiede un profondo cambiamento di atteggiamenti e il superamento di stereotipi culturali che favoriscono o giustificano l’esistenza di tali forme di violenza.
Come visto, molto è stato fatto sul piano legislativo, seppur in modo tardivo e ancora insufficiente. Adesso occorre avviare campagne di promozione di sensibilizzazione, volte a favorire nuovi programmi educativi e a formare adeguate figure professionali che riconoscano il problema e sappiano come affrontarlo.

Un punto fondamentale, infatti, è la protezione delle vittime. E’ necessario creare meccanismi di collaborazione e un’azione coordinata tra tutti gli organismi, statali e non, che rivestono un ruolo nella funzione di protezione e sostegno alle donne vittime di violenza. L’iniziativa di oggi è lodevole proprio per questo, perché riunisce tutti i soggetti interessati e dà vita ad un confronto costruttivo che mi auguro possa ripetersi in futuro e diventare un appuntamento fisso almeno fino a che il problema esisterà.

Non possiamo abbassare la guardia e ritenere il nostro territorio esente dal fenomeno: al contrario, abbiamo il dovere di attivare da subito tutti gli strumenti a nostra disposizione, e crearne di nuovi se necessario, ad esempio offrendo ai centri anti-violenza maggiori strumenti per intervenire, con l’obiettivo di prevenire e debellare qualunque forma di violenza contro le donne e contro i soggetti più deboli. Non possiamo più aspettare”.

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